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Sator. Una bambina che passa

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Savino Carone torna, con questa nuova raccolta, a quell’impostazione a “tesi” già di Arbor Mirabilis (Rupe Mutevole, 2014), volume di “Poesie in forma di romanzo”, secondo il sottotitolo, e che trovava lì espressione in una struttura complicata da una trama di citazioni (da T. S. Eliot, Coleridge e Tommaso Campanella), tessuto connettivo e contrappuntistico nella somma di richiami impliciti e trasversali con le liriche e gli scritti autoriflessivi dell’autore

Descrizione

Savino Carone torna, con questa nuova raccolta, a quell’impostazione a “tesi” già di Arbor Mirabilis (Rupe Mutevole, 2014), volume di “Poesie in forma di romanzo”, secondo il sottotitolo, e che trovava lì espressione in una struttura complicata da una trama di citazioni (da T. S. Eliot, Coleridge e Tommaso Campanella), tessuto connettivo e contrappuntistico nella somma di richiami impliciti e trasversali con le liriche e gli scritti autoriflessivi dell’autore

La “tesi” in Sator è invece piuttosto intesa a commento a latere, cornice in cui è inserita la raccolta; anche qui però prendendo a prestito due “giganti” del pensiero e della letteratura: Giordano Bruno e James Joyce. Del primo compare una sintesi della prefazione (ripresa dall’edizione milanese del Daelli del 1864) di Christian Bartholmèss a La Cabala del Cavallo Pegaseo; mentre, riguardo all’irlandese, un disegno originale dello stesso Joyce che illustra il complesso schema tematico-compositivo all’origine del poema “Finnegan Wake”. L’intento di Carone nello scomodare questi due grandi del passato assume il tono di un battagliero invito, da lui stesso esplicitato nella Postfazione, a dare ragione alla poesia in quanto “sapere” contro le “mode” pseudo-letterarie che sciattamente – e si potrebbe dire, parafrasando “La Cabala”, “asinescamente” – imperversano. Dalla rivendicazione si passa quindi all’esemplificazione dell’esercizio poetico sostanziato di un ricco tessuto di ricerca stilistica; all’insegna, peraltro, di un ulteriore elemento di complicazione, nel richiamo – presente nel titolo e poi nelle sezioni in cui è suddiviso il volume – all’enigmatico quadrato magico, frequente epigrafe medievale, formato dalle parole latine Sator, Arepo, Tenet, Opera, Rotas …

Savino Carone – cresce e studia a Roma. La lettura di Rimbaud e Baudelaire accende l’interesse per la poesia e le sue forme. Vince un concorso bandito da un Ente vicino al Ministero dell’Istruzione, che ha come premio l’ideazione e la conduzione di un programma radiofonico, nel caso specifico “Juke Box all’Idrogeno” in concomitanza con l’uscita del libro di Fernanda Pivano sulla Poesia americana contemporanea.
Vive e lavora all’Isola d’Elba, una delle perle dell’Arcipelago Toscano dove si è trasferito da anni.
Ha scritto diversi articoli per quotidiani online, raccolti nel volume ‘Ogni Maledetta Mattina’, una silloge di versi in collaborazione con una illustratrice norvegese dal titolo ‘Luna di Sale’, retaggio di qualche centinaio di fogli scritti in disordine qua e là, ed infine 2 volumi di poesie, a distanza di 2/3 anni l’uno dall’altro, ancorati a tematiche diverse e, per certi versi, assai intriganti, dal titolo ‘La Coda del Logos’ e ‘Arbor Mirabilis’. L’ultima fatica, Sator, frutto del lavoro di qualche anno, un piccolo Zibaldone, nel quale ha riversato poesie composte in tempi e anni diversi, seguendo discontinuamente, riflessioni, letture, accadimenti, mescolando metriche, trasgredendo i canoni della raccolta classica a favore di un intimo percorso letterario.
Recentemente si è classificato al terzo posto nel III Premio Internazionale Salvatore Quasimodo, e Premio Speciale ‘Falconara’ nel Premio Internazionale ‘Percorsi Letterari dal Golfo dei poeti Shelley e Byron, alla Val di Vara’.

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