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L’altra riva del mare

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‘L’altra riva del mare’, nella bella e curata edizione Persephone di Angela Galli, mostra un Danilo Alessi ansioso di costruire ponti, di raggiungere altri lidi sul continente e altrove e oltre, pur restando fermo con le radici ben piantate nella zolla della nostra Elba.

Descrizione

Recensione di Manrico Murzi

‘L’altra riva del mare’, nella bella e curata edizione Persephone di Angela Galli, mostra un Danilo Alessi ansioso di costruire ponti, di raggiungere altri lidi sul continente e altrove e oltre, pur restando fermo con le radici ben piantate nella zolla della nostra Elba.

Ricorda un poco il pomodoro di mare che pare muoversi al ciglio di uno scoglio per il respiro dell’acqua e invece è immobile.
Egli è capace di sentimenti duraturi, anche quelli che lascia dormire fino a farli apparire spenti, per poi ringalluzzirli al primo moto di inaspettato risveglio. È questo che succede anche nel rapporto amoroso con Mimosa, un’appassionata di fotografia tanto da rischiare la vita per la professione, appunto di fotografa, svolta anche in zone di pericolo, ma sacrificando ad essa la sua vita interiore e i sentimenti più forti. Danilo è un fedele. Fedele al concreto come al sogno del concreto stesso. La sua fede politica, ad esempio, rimane appiccicata a una concezione della società marxista oramai tramontata, e nessun evento, nessun mutamento politico, storico, reale, lo stacca di un millimetro dall’ideale antico. Fedeltà ad una visione del mondo che contiene senso del reale, solidarietà per chi lavora, attaccamento al dovere, rispetto degli impegni presi. Tanto scrittore del reale quanto narratore del sogno. Ce lo dice lui stesso raccontando la sua attività di politico, sindaco
o segretario di un deputato nell’ambiente romano. Realizzatore di progetti e disegni, mai stanco o quietato.
Ad ogni capitolo o parte del romanzo, con umiltà e ammirazione, riporta una frase poetica o un pensiero espresso dai grandi della letteratura e della politica, e nel testo versi anche suoi, ma soprattutto di poeti o cantautori di chiara fama. Né smette di esprimere venerazione, di onorare e dare gloria ai grandi. Rende onore agli altri prima di mostrare se stesso, la sua memoria, l’amore e la passione sfrenata di raccontare. Egli sa che siamo humus, e quindi dobbiamo conservarci umili.
Così, leggendo il libro divorando le sue trecento pagine un poco alla svelta per riuscire a scrivere queste poche righe e inviarle in tempo per la presentazione che, a dispetto del Corona-virus avrà luogo al pomeriggio di questo sabato , è stato un poco come fare una passeggiata in un gradevole boulevard dove ho potuto incontrare filosofi e poeti, scrittori e creatori dell’arte da ascoltare o da vedere, artigiani, produttori di cibo e di bevanda, oh! il vino, e cuochi eccellenti. E le tante figure illustri, anche dell’Elba, alcune legate alla storia del mondo e politici di alto valore nel panorama internazionale, oggi assai povero e inquietante.
Mimosa, in un rinnovato incontro con l’uomo che ha pesato sulla sua vita di donna, lo ascolta spesso come facesse parte di un gruppo di turisti appena sbarcati da qualche nave
che ascoltano fatti e luoghi dell’isola narrati ed esposti da una guida turistica.
In questo libro gli elbani stessi possono trovare memorie, alcune sconosciute ai più, rare e preziose.
A pagina 42 ci dice, ‘sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. La curiosità è sempre stato il nostro limite o forse, al contrario, la nostra virtù… Guardare avanti, non contentarsi mai del presente”.
Auguro dunque ali al romanzo, che voli e oltrepassi lo stretto senza mal di mare o tempesta, e raggiunga i lettori sperati.
Lo stile è piano, senza iperboli o voli d’aquila, ma chiaro e piacevole. La descrizione dei personaggi e dei paesaggi di mare è talora poetica e bellamente sentita come ad esempio a pagina 55, ‘Il mare a quell’ora, senza che una bava di vento increspasse l’onda, era davvero una meraviglia. I riflessi di luce…’, e alla fine del bel periodo, ‘il bruno delle alghe a sfumare verso un immaginario orizzonte immerso nel buio della notte’. Con un saluto cordiale a tutti, concludo con alcuni miei versi scritti nel deserto del Sahara:

Cosa sarebbe il mare,
se come la distesa di sabbia
fosse senza una riva
o un muro di roccia
dove sbattere la testa a rintronare
gli accenti dolci o irati
di mille parole.

E noi, uomini ridicoli,
a cercare le orme degli uccelli
passati per le strade dell’aria.
Non resta invece che ripeterci
quel poco di canto scovato
nelle pieghe profonde dell’esistenza.

Manrico Murzi

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